Fra tutte le varie forme di conservazione di resti anatomici, quella che ancora oggi suscita stupore e incredulità è la cosiddetta “pietrificazione”. Alcuni grandi scienziati hanno portato questa tecnica ad impensabili livelli, e si tratta principalmente di una tradizione tutta italiana.Uno dei maggiori studiosi in tal senso è stato, senza dubbio, il cagliaritano Efisio Marini (Cagliari, 13 aprile 1835 – Napoli, 11 settembre 1900) detto per l’appunto “Il Pietrificatore“. Il soprannome gli deriva proprio dalla sua particolare abilità nel campo della conservazione di cadaveri e parti anatomiche.
Efisio Marini, scienziato, studioso di medicina e storia naturale rappresenta per certi versi una delle figure più enigmatiche e complesse della storia di Cagliari. Il suo metodo di mummificazione gli permetteva di pietrificare i cadaveri senza effettuare tagli o iniezioni sugli stessi, metodo che era poi in grado di invertire restituendo ai corpi il colore e la consistenza originali.
Nonostante il valore delle sue scoperte, Marini non godette a Cagliari di una buona fama tra gli accademici e tra il popolo, che su di lui faceva girare epigrammi in dialetto improntati a scetticismo e timore superstizioso. Un po’ per disgusto della sua città, ma anche per aspirazione personale, Marini si trasferì a Napoli dove ancora oggi nel Museo di Anatomia si conservano i suoi esperimenti migliori. Tra le opere colpisce un tavolino il cui piano è formato da un impasto di sangue, cervello, fegato, bile, polmoni e, al centro, è adagiata una bellissima mano di giovane donna. L’insieme stupisce per la perfetta conservazione e la freschezza del colorito.
Altrettanto celebre è il tavolino che Efisio Marini compose con un piede al centro e diversi resti umani. Infatti, sono ben visibili pezzi pietrificati di tessuto cerebrale, sangue e bile. A fare da contorno anche quattro orecchie e alcune vertebre sezionate. Il reperto è in mostra a Parigi presso il Museo della Storia della Medicina.
Ma nel corso della sua carriera il Marini ebbe modo di sottoporre alla pietrificazione numerose persone, tra cui i corpi di bambini su richiesta dei genitori che volevano così preservarne il ricordo. Nel 1866 sottopose alla pietrificazione anche il cadavere dello storico Pietro Martini. Celebre è la foto scattata in occasione dell’apertura della cassa avvenuta il primo giugno di quell’anno a quattro mesi dalla morte dello studioso. Il corpo era perfettamente conservato e fu immortalato da una celebre fotografia scattata per l’occasione da Agostino Lay Rodriguez uno dei pochi fidati amici del Marini.
Circondato da un alone sinistro creatosi intorno a lui grazie anche alla propria dimora, disseminata di reliquie anatomiche di persone e animali, visse tristemente il resto dei suoi giorni, spendendo tutti i suoi averi nelle ricerche sulla mummificazione ed ossessionato dalla paura che il proprio segreto gli venisse rubato. Morirà a Napoli l’11 settembre del 1900 senza rivelare le formule per attuare il suo metodo di imbalsamazione.
Della figura di Efisio Marini e di molte altre curiosità a lui legate si parla durante il percorso I Segreti di Bonaria.
Note Bibliografiche
Efisio Marini e la conquista dell’eternità, Antonio Maccioni
I morti di pietra dell’uomo caparbio, Francesco Alziator
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